mercoledì 17 ottobre 2012

Amanda T., Anonymous si fa giustizia: in Rete l'identità del presunto stalker

IL CASO

La ragazza si era suicidata dopo un lungo periodo di vessazione su internet. Secondo il collettivo il responsabile è un uomo di 32 anni di Vancouver, utente di siti pedopornografici. Gli hacker hanno pubblicato generalità e indirizzo dell'individuo, coinvolto in un altro caso di molestie sessuali

Il gruppo hacktivista Anonymous ha scoperto la presunta identità e ha diffuso le generalità dell'internauta responsabile della persecuzione di Amanda T. 1, la ragazza canadese 15enne che si è suicidata dopo tre anni di angherie e cyber-bullismo. Anonymous ha iniziato la caccia all'uomo dopo l'arrivo in Rete di immagini dell'autopsia della ragazza, in cui il corpo appariva nudo.

La ragazzina aveva diffuso un mese fa su Youtube un video nel quale raccontava i ricatti e le sofferenze subite da parte di questo anonimo stalker che l'aveva convinta, quando era dodicenne, a farsi riprendere a seno scoperto e poi aveva diffuso ripetutamente negli anni quelle immagini, tanto da umiliarla fino al suicidio, la scorsa settimana. L'uomo indicato da Anonymous, secondo le ricostruzioni, è lo stesso che lo scorso lunedì è comparso in un tribunale per rispondere dell'accusa di molestia sessuale in un caso non legato a quello di Amanda.

Secondo gli hacker si tratta di un uomo di 32 anni, residente a Vancouver, assiduo frequentatore di siti pedopornografici. Gli hacker nel loro messaggio video in rete forniscono il nome e cognome e anche l'indirizzo esatto del presunto stalker, tanto che la polizia canadese nutre timori per la sua sicurezza. Le generalità dell'uomo sono state pubblicate su Pastebin, e il presunto stalker viene descritto come "il pedofilo che ha estorto immagini private" ad Amanda.

Poco dopo sul web sono apparse immagini prese da Google Street View dell'indirizzo dell'uomo, screenshot del suo profilo Facebook, chat prese da un sito in cui, con un account presumibilmente a lui collegato, l'uomo adescava ragazze. 

Scrivono gli hacker in una lettera all'emittente canadese CTV: "Generalmente non amiamo avere a che fare con la polizia direttamente ma in questo caso ci siamo sentiti nell'obbligo di utilizzare le nostre capacità per proteggere i minori. Questa è una storia a cui non siamo indifferenti."
(16 ottobre 2012)

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