giovedì 16 agosto 2012

Perversioni Femminili: un film di Susan Streitfeld


Un film di Susan Streitfeld. (USA/ Germania, 1996)
Con Tilda Swinton, Amy Madigan, Karen Sillas.






Una donna, per esplorare ed esprimere appieno la propria sessualità e le proprie capacità emotive e intellettuali, dovrebbe correre grossi rischi e attuare una profonda rivoluzione delle condizioni sociali che la reprimono e la costringono.
L’alternativa è persistere nel tentativo di adattarsi all’ordine del mondo, consegnandosi per sempre alla schiavitù di uno stereotipo di femminilità riconosciuto, ossia, se vogliamo, a una perversione.

Louise J. Kaplan


Tratto dal libro di Louise J. Kaplan "Perversioni femminili. Le tentazioni di Emma Bovary", il film porta avanti la tesi che è del libro stesso: la perversione, negli uomini e nelle donne, è un meccanismo fondamentale che permette di sopravvivere all’orrore di quella perdita originaria che la nostra cultura infligge ad ogni essere sessuato nel momento in cui lo piega alla schiavitù dei ruoli sessuali e di genere.


Dopo Orlando di Sally Potter, non a caso interpretato dalla stessa attrice, Tilda Swinton, ecco un altro film che ci parla del “genere”, cioè dei ruoli e degli stereotipi che ci troviamo ad impersonare, come uomini e come donne.


Film complesso, dalle molteplici letture, intreccia con maestria due piani, quello della realtà e quello delle fantasie “perverse” della protagonista – Eve, un’avvocata di successo - con continuità, così da tratteggiare il mondo profondo, inconscio, pieno di zone d’ombra e di traumi infantili di una donna. Una donna che dietro un’apparente facciata di efficienza e perfezione, nasconde luoghi oscuri della memorie e desideri masochistici, strategie di sopravvivenza, come le definisce la teorica femminista Kaplan, sopravvivenza agli stereotipi e ai modelli estetici che la società le impone e alle ferite che per questo, giornalmente, le vengono inferte.


Nelle sue fantasie erotiche, Eve, in un chiaroscuro suggestivo, cammina su un filo teso, in precario equilibrio, in alto sopra una piscina dall’inquietante forma di croce, sottomessa a dei fantomatici personaggi che hanno il volto di un re e di una regina bianchi. La corda, che più volte ricompare, è il simbolo delle sue catene, di ciò che limita la sua libertà di essere umano, prigioniero di comportamenti, e, parallelamente, la corda è il suo destino di acrobata in bilico sulle paure che si porta dietro dall’infanzia.


“Le perversioni non sono mai ciò che sembrano essere”, ci informa una scritta ricamata sul cuscino di Eve, e più sotto troviamo scritto su una panchina: “Nella perversione non c’è libertà, ma solo un conformarsi rigido agli stereotipi di genere”. E le donne si ritoccano il rossetto, si aggiustano i capelli, si rendono ineccepibili ed eleganti, entrano in competizione tra di loro, stanno sempre sulle spine per non correre il rischio di incrinare il modello che la società richiede loro in quanto donne.


La vita di Eve, così irreprensibile, corretta e patinata, è continuamente interrotta e “forata” da fantasie di ansia e di insicurezza: sente delle voci e immagina dei personaggi che denigrano la sua identità di donna, una sorta di nevrosi sotterranea. Pubblico e privato si mischiano, in un mondo “maschile” che spesso più che ascoltarla, guarda le sue forme. E lei vive sulla sua pelle l’insicurezza di non essere all’altezza dei requisiti di “femminilità” richiestele, di essere bella, cioè, e desiderabile.


Così anche la sua vita affettiva e relazionale è carente: incapace di amare, cioè di un reale incontro con l’”altro”, che ha sacrificato alla “carriera”, può viversi solo le sue fantasiose perversioni sessuali. Sarà il recuperò della sorella – l’altra faccia della stessa medaglia, una diversa strategia di sopravvivenza agli stereotipi dominanti -, che infine scioglierà i nodi irrisolti. Madelyn, cleptomane arrestata per furto, che sta scrivendo una tesi su un paese messicano in cui le donne hanno in mano il potere, cerca così una sua personale soluzione al suo “male di vivere”.


Con la comparsa della sorella Madelyn, l’equilibrio di Eve precipita a poco a poco e la sua perfetta immagine si incrina fino a rompersi. Finalmente la corda che la teneva in sospeso sopra l’abisso delle sue paure si romperà, permettendole di superare il trauma infantile che la legava, morbosamente, al padre. Sarà grazie alla crisi che Eve capirà qualcosa, che cadrà il velo delle sue illusioni, ed entrerà sempre più in contatto con il mondo matriarcale studiato dalla sorella, un mondo dove le donne per essere accettate non hanno bisogno di depilarsi, di tenere sotto controllo il proprio peso e di dedicare all’estetica la maggior parte del proprio tempo: di essere cioè un bell’oggetto del desiderio.


Il film è infarcito di richiami e di rimandi interni, tanto da tessere una trama abbastanza ampia delle perversioni delle donne – ci sono molti personaggi femminili nel film, - senza giudicarle negativamente, ma ricercandone le cause profonde. Ci offre così un ampio ventaglio di nevrosi tipicamente femminili, notevoli “ritratti di signore” dolenti e feroci al tempo stesso.


Il film si chiude quando Eve incontra Edwina, una ragazzina alle soglie dell’adolescenza, che con uno sguardo ancora puro e senza veli guarda alla sessualità con dolore e ricerca un modo di essere donna diverso, in contatto con le forze arcaiche e magiche della natura, un luogo magico dove compiere riti legati al ciclo mestruale, simbolo della potenza femminile.


Il messaggio del film è in fondo un po’ questo: di riscoprire una femminilità fuori dagli schemi, fuori dai modelli estetici imperanti, vicina ad un mondo primitivo di matriarcato e di potenza, un mondo tribale e rituale dove il valore di un individuo non si misura dalla curva dei suoi fianchi.


Stupenda la Swinton nell’interpretare le molteplici facce di questa donna schizofrenica, piena di manie e di superstizioni, che chiede a sé stessa la perfezione e non si perdona il minimo errore.


Il taglio narrativo del film, secco e tagliente e la fotografia lucida e patinata, le somigliano un po’: come lei, sotto una superficie socialmente irreprensibile, nascondono “cadaveri” ed inquietanti segreti.



Testo tratto da: cineforum.bz.it


 


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