giovedì 16 agosto 2012

Le Linee Guida GUFPI 4.0: i criteri per l’individuazione degli ILF


Cercheremo ora di analizzare l’evoluzione dei criteri di individuazione degli ILF dalla versione 4.0 alla 4.2 del CPM IFPUG. Il CPM IFPUG 4.0 era un pò vago per quanto riguarda i criteri d’individuazione degli ILF, e dava spazio ad ampi margini d’interpretazione. Basandosi solo sui criteri indicati nei CPM 4.0, senza fa ricorso a “linee guida” esterne, era possibile classificare tutte, o quasi, le tabelle di un database relazionale come ILF indipendenti. In realtà, il CPM IFPUG 4.0 dava per scontato, senza però scriverlo esplicitamente, che la visione corretta per il modello dei dati dell’applicazione fosse basata sul modello Entità-Relazioni. Infatti, quasi tutti gli esempi di conteggio della versione 4.0 del manuale contengono i classici diagrammi “Entità-Relazioni”: nella versione 4.0 del manuale, per l’analisi dei dati si usava il modello Entità-Relazioni; ma in nessun punto del manuale questo modello veniva dichiarato esplicitamente come il “modello di riferimento”.


All’epoca del CPM IFPUG 4.0, un gran numero di conteggi in Function Points classificava tutte, o quasi, le tabelle di un modello relazionale come ILF diversi tra loro. Ognuno di questi ILF era composto da un solo RET: la tabella stessa. Ma esistevano anche conteggi “virtuosi”, basati sul modello Entità-Relazioni e non su quello relazionale, che tendevano a individuare pochi ILF, ognuno composto da un aggregato di diversi RET. In definitiva, nella versione 4.0 del CPM IFPUG esistevano delle ambiguità, per quanto riguarda le definizioni degli ILF, che lasciavano ampi margini all’interpretazione soggettiva.







In realtà, anche se le regole generali di individuazione degli ILF fornite dal CPM IFPUG 4.0 non erano molto precise, gli esempi di conteggio erano estremamente esplicativi. La figura precedente contiene un esempio di modello Entità-Relazioni preso dal CPM IFPUG 4.0. Guardando questo esempio, la “visione IFPUG 4.0” su entità, entità attributive e sottotipi di entità sembra molto chiara, e identica a quella attuale.

Dopo la diffusione del CPM IFPUG 4.0, diverse organizzazioni “nazionali”, tra cui il GUFPI (Gruppo Utenti Function Point Italia) si preoccuparono di studiare e pubblicare delle “linee guida” per l’interpretazione del manuale. Le “Linee Guida 4.0” del GUFPI, ancora disponibili sul web, contengono oltre un centinaio di precisazioni e chiarimenti sull’interpretazione di diversi aspetti del Manuale IFPUG 4.0. I criteri per l’individuazione degli ILF sono ancora oggi particolarmente sintetici ed efficaci. In realtà le versioni successive del Manuale IFPUG, la 4.1.1 e la 4.2, hanno incorporato e reso più precisi questi criteri, ma non li hanno modificati.

Alcuni criteri d’individuazione degli ILF pubblicati dal GUFPI per il CPM IFPUG 4.0 sono i seguenti.



83Gruppo di dati: file logico o RET?

Codice: LFS.I.199901Impatto: Importante
Questione:
Quali criteri si possono utilizzare per stabilire se un raggruppamento logico di dati è un file logico a sé stante oppure un RET di un altro file logico più esteso?
Risposta:
Sia i file logici che i RET sono gruppi logici di dati. Più precisamente, il RET è definito come sottogruppo logico dei dati di un file logico. Nel CPM 4.0 non sono, però, chiariti i criteri da utilizzare per decidere se un gruppo logico è autonomo o è subordinato ad un altro file logico, e quindi rappresenta un RET di quest’ultimo. È però chiaro, ricordando la significatività per l’utente, che è necessario fare riferimento alla semantica del contesto in cui si opera più che ai rapporti di tipo strutturale tra i dati. Se per una certa applicazione un gruppo di dati è attributivo di una entità forte del contesto applicativo, in quanto meglio specifica e caratterizza tale entità, questo gruppo di dati è fortemente candidato ad essere un RET dell’entità altrimenti è candidato ad essere un file logico autonomo. Per questo motivo una gerarchia ISA può generare potenziali RET, ma non potenziali ILF, come nell’esempio sottostante.

Nel caso delle entità FORNITORE e ARTICOLO, queste sono candidati file logici distinti in quanto descrivono elementi della realtà fortemente distinti tra loro.
Un ultimo esempio dovrebbe chiarire ulteriormente il punto di vista da adottare. Supponiamo che una ditta abbia rapporti con rappresentati commerciali che non sono dipendenti diretti della società. Ogni venditore potrà usare una automobile per gli spostamenti legati al lavoro svolto. L’azienda vuole mantenere sia le informazioni relative ai venditori (anagrafica, accordi commerciali, fatturato etc.) che quelle relative alle automobili (marca, tipo, rimborso chilometrico etc.).
La domanda è: i dati delle automobili sono RET dell’ILF Venditori o sono un ILF a sé stante?
La risposta è che gli stessi dati possono essere ora l’uno ora l’altro a seconda dello specifico contesto applicativo. In particolare saranno RET dell’ILF Venditore qualora le automobili siano di proprietà dei venditori ed i loro dati servano solo per meglio specificare i rapporti economici intercorrenti tra azienda e venditori stessi. Gli stessi dati potranno costituire un ILF autonomo se le automobili sono invece di proprietà dell’azienda e questa ne vuole fare una gestione autonoma di patrimonio mobiliare in termini di manutenzione, ammortamenti, etc.
Come si vede da questo esempio, i dati sono fondamentalmente gli stessi, ma cambia il punto di vista applicativo su di essi. Appare allora consistente con l’impostazione della Function Point Analysis che la seconda situazione corrisponda ad un maggior valore numerico in Function Point.



Il chiarimento del GUFPI sull’interpretazione dei RET dà due criteri “oggettivi” per l’aggregazione dei RET a partire da un modello Entità-Relazioni:

  • tutte le entità in una stessa gerarchia IsA (Impiegato IsA Dipendente, Dirigente IsA Dipendente) devono corrispondere a RET di uno stesso ILF;
  • le entità “deboli”, cioè le entità che, nel modello E-R, dipendono da un’altra entità (Automobile, dipendente da Venditore) devono essere associate a RET dell’entità da cui dipendono.

Il secondo esempio, quello relativo alle due possibili classificazioni delle entità Automobile e Venditore, spiega come una stessa entità (Automobili) possa essere rappresentata, nei modelli E‑R, in modi diversi.
Se le auto devono essere, nella visione dell’utente, legate al venditore, allora nel modello E-R l’entità Automobile sarà rappresentata come entità “debole”. Ogni auto sarà collegata da una relazione “1 a 1” a un venditore, e sarà identificabile, nel modello E‑R, solo partendo dall’entità Venditore. Ad esempio, usando la notazione ERFN, avremo:

  • Entity: Venditore { Matricola, Nome, Cognome, … }
  • Entity: Automobile { Venditore.Matricola, Targa, Modello, Colore, …}
  • Relationship Usa( E(Venditore), E(Automobile), { Targa, DataAssegnazione, … } )

Nell’esempio precedente, per identificare un’auto sarà necessario far riferimento alla matricola del venditore. Si noti che la targa, che da sola basterebbe a identificare l’auto, viene indicata come attributo non chiave. La relazione tra Venditore e Auto sarà “1 a 1”, se c’è un auto per ogni venditore, o anche “1 a molti”, se un venditore può disporre di più auto.

Se invece le auto non devono essere, nella visione dell’utente, legate al venditore, allora nel modello E-R l’entità Auto non ci sarà nessun legame tra le chiavi delle due entità, e il legame tra auto e venditore dovrà essere espresso da una relazione “molti a molti”.

  • Entity: Venditore { Matricola, Nome, Cognome, … }
  • Entity: Automobile { Targa, Modello, Colore, …}
  • Relationship Usa( E(Venditore), E(Automobile), { DataAssegnazione, … } )
Le Linee Guida GUFPI 4.0 per l’individuazione dei RET non parlano delle chiavi delle entità da analizzare; ma i concetti espressi possono essere facilmente riformulati in termini di analisi delle chiavi delle entità coinvolte.

I due concetti di base per l’aggregazione dei RET (classificazione di relazioni IsA e di entità “deboli”) sono stati approfonditi e sviluppati in un documento integrativo al Manuale CPM 4.1.1, pubblicato dall’IFPUG nel 2001. Gli stessi concetti sono stati poi integrati nella versione 4.2 del Manuale.



© Copyright by Nicola La Monaca, 2010
All rights reserved

Il Manuale IFPUG 4.2: i criteri per l’individuazione degli ILF



Il Manuale IFPUG 4.2 contiene una sezione (Parte 2: Prassi di Conteggio) con una notevole mole di informazioni su come ricavare il modello Entità-Relazioni di un’applicazione esistente, e su come individuare e aggregare i RET corrispondenti alle entità del modello.

Sintetizziamo qui le attività della procedura di conteggio indicata dall’IFPUG per arrivare all’individuazione dei RET, e i criteri di aggregazione dei RET in ILF:

· costruire il modello Entità-Relazioni dell’applicazione, escludendo i cosiddetti “dati di decodifica” (tabelle “tecniche”, non significative per l’utente finale dell’applicazione);

· identificare e aggregare i File Logici (ILF/EIF):

. identificare i potenziali RET partendo dai processi elementari (EI, EO, EQ): in pratica, ogni archivio usato (letto o scritto) da un processo elementare è un potenziale RET;
. applicare ai potenziali RET i seguenti criteri di aggregazione/disaggregazione:

- individuare i RET corrispondenti a entità “deboli”, e aggregarli con i RET dell’entità da cui dipendono;


- individuare i RET corrispondenti a relazioni “molti a molti”; salvo rare eccezioni, le relazioni “molti a molti” saranno associate a ILF indipendenti da quelli delle entità collegate dall’associazione;



- individuare i RET corrispondenti a entità “attributive”, e aggregarli con i RET dell’entità da cui dipendono;

- individuare i RET corrispondenti a sottotipi di entità (gerarchie IsA), e aggregarli con i RET delle altre entità della gerarchia

Il processo precedente permette di aggregare tra loro alcuni dei RET dell’applicazione, mentre altri RET resteranno indipendenti. Ad ognuno dei sottoinsiemi di RET definiti dal processo dovrà corrispondere un ILF separato (o un EIF separato, nel caso che tutti i dati dell’insieme di RET siano read only).
 
La fase di individuazione dei potenziali RET dell’applicazione partendo dalle transazioni (EI, EQ, EO) dell’applicazione potrebbe presentare un certo margine di soggettività. Anche la fase successiva (definizione di un modello Entità-Relazioni associato ai potenziali RET) può presentare dei margini di soggettività. Ma è chiaro che, una volta definito completamente il modello Entità-Relazioni (chiavi delle entità, chiavi delle relazioni, ecc.), le operazioni successive (aggregazione dei RET per le entità deboli e le gerarchie IsA, ecc.) non presentano alcun margine di soggettività.
Riassumendo, la costruzione della parte dai del modello funzionale di un’applicazione, fatta secondo le indicazioni del CPM IFPUG 4.2, può essere suddivisa in due macrofasi:
• creazione di un modello Entità-Relazioni dell’applicazione completo delle chiavi delle entità e delle relazioni; questa attività presenta dei margini di soggettività;
• individuazione dei RET e degli ILF/EIF corrispondenti, secondo le regole IFPUG 4.2, al modello Entità-Relazioni; questa attività, basata sull’analisi delle chiavi del modello definite nella fase precedente, non dovrebbe presentare alcun margine di soggettività.

Le regole e gli esempi forniti dal CPM IFPUG 4.2 per l’individuazione dei RET e la loro aggregazione in ILF/EIF sembrano coprire tutte le casistiche previste in un modello E-R (entità deboli, gerarchie IsA, ecc.) senza lasciare alcun margine di interpretazione o ambiguità.

Dal modello logico relazionale agli ILF: l’esempio della libreria online.

 

Il modello logico relazionale permette di descrivere il modello dei dati di un’applicazione in modo conciso e indipendente dalla tecnologia. C’è una corrispondenza molto forte tra il modello logico relazionale di un’applicazione, il suo modello Entità-Relazioni (modello E-R), e il suo modello dei dati secondo la Function Point Analysis (modello dei dati FPA). Se si dispone del modello logico relazionale di un’applicazione, è quindi possibile individuarne gli ILF/EIF applicando alcuni semplici criteri.

 

 

Dal modello logico relazionale agli ILF: l’esempio della libreria online.


Il diagramma seguente rappresenta un esempio di modello logico relazionale per un ipotetico sito web che venda (anche a rate) libri, CD e gadget.






Usiamo il diagramma precedente per richiamare i concetti principali dei modelli logici relazionali:

  • le tabelle del modello sono rappresentate da rettangoli; il diagramma contiene le seguenti tabelle: Cliente, Ordine, LineaOrdine, RataPagamento, Articolo, Libro, CD e Gadget;
  • ogni tabella è caratterizzata da una o più colonne, elencate all’interno del riquadro associato alla tabella stessa; ad esempio, le colonne di Cliente sono: CodiceCliente, Nome, Cognome, Indirizzo;
  • le colonne che individuano in modo univoco una riga di una tabella (campi chiave) sono elencate all’inizio del riquadro della tabella, e sono separate dalle altre colonne da una linea orizzontale; ad esempio: la chiave di Cliente è CodiceCliente; la chiave di LineaOrdine è formata dalla coppia di colonne NumeroOrdine e CodiceArticolo;
  • una freccia che collega due tabelle indica l’esistenza di una dipendenza tra le due tabelle (ovvero, tra alcuni campi delle due tabelle); ad esempio, la freccia che collega Ordine a RataPagamento indica che RataPagamento dipende da Ordine; ovvero, che RataPagamenbto ha, come chiave esterna, la colonna NumeroOrdine della tabella Ordine.

Dal punto di vista della Function Point Analysis, ognuna delle entità di un modello logico relazionale rappresenta un gruppo logico di dati visibili all’utente finale dell’applicazione, cioè un RET (Record Element Type). Vale quindi il seguente criterio generale:

Ad ogni tabella di un modello logico relazionale deve corrispondere un RET del modello FPA.

Nel diagramma del nostro esempio possiamo quindi individuare i RET: Cliente, Ordine, LineaOrdine, RataPagamento, Articolo, Libro, CD e Gadget.
Analizziamo ora i criteri di aggregazione dei vari RET in ILF/EIF.

 

Tabelle che rappresentano entità deboli non associative.


Consideriamo due tabelle del modello relazionale precedente: Ordine e RataPagamento. La tabella RataPagamento è associata a un’entità “debole”, di tipo “non associativo”, che dipende dall’entità Ordine.







Questi sono gli elementi che, nel diagramma, caratterizzano RataPagamento come tabella associata a un’entità “debole”:

  • all’interno del rettangolo associato a RataPagamento, il nome della colonna NumeroOrdine è seguito dalla sigla FK (Foreign Key), per indicare il fatto che si tratta di una chiave esterna;
  • la freccia che collega le due tabelle RataPagamento e Ordine indica la dipendenza di RataPagamento da Ordine.

Nel diagramma dell’esempio precedente, la chiave di RataPagamento dipende solo dalla chiave esterna NumeroOrdine della tabella Ordine. In generale, una tabella può avere non una sola, ma due o più chiavi esterne (Foreign Keys), presenti in altrettante tabelle del diagramma; in questo caso, la tabella rappresenta un’entità “debole di tipo associativo”, perché associa due o più altre entità. Ad esempio, nel diagramma dell’esempio precedente, la tabella LineaOrdine rappresenta un’entità “debole” di tipo “associativo” tra Ordine e Articolo.

Dal punto di vista della Function Point Analysis, vale il seguente criterio:

Consideriamo una tabella le cui chiavi esterne (foreign keys) dipendano da una sola altra tabella del modello relazionale. Nel modello FPA, i RET corrispondenti alle due tabelle dovranno appartenere allo stesso ILF.

Applicando il criterio precedente, risulta che le tabelle RataPagamento e Ordine dovranno corrispondere a RET dello stesso ILF.


 

Tabelle che rappresentano sottotipi di entità.

 

Consideriano ora altre tabelle del modello logico relazionale: Articolo, Libro, Cd e Gadget. Vedremo che Libro, Cd eGadget rappresentano, nel diagramma, dei sottotipi di Articolo.





Le tabelle che rappresentano sottotipi di entità sono caratterizzate da da diversi elementi:

  • al di sotto della tabella Articolo è presente il simbolo “Categoria” (contraddistinto dall’etichetta “TipoArticolo”) per indicare la connessione con le tabelle che rappresentano i sottotipi Libro, CD e Gadget;
  • all’interno dei rettangoli che rappresentano i tre sottotipi di Articolo, l’attributo CodiceArticolo è seguito dalla sigla FK (Foreign Key), per indicare che l’attributo è stato “ereditato” dall’entità Articolo;

In generale, le tabelle che rappresentano i sottotipi ereditano tutte le colonne della tabella “madre” (nel caso di Articolo, le colonne sono: CodiceArticolo, TipoArticolo, Immagine, Descrizione, Prezzo), e possono avere altre colonne proprie. Ad esempio, Libro ha, come ulteriori colonne, Autore e Titolo, mentre Gadget ha, come attributo specifico, Colore.
Dal punto di vista della Function Point Analysis, vale il seguente criterio:

Consideriamo una tabella del modello logico relazionale che possieda uno o più sottotipi. Nel modello FPA, i RET corrispondenti alla tabella “madre” ed alle tabelle che rappresentano i suoi sottotipi dovranno appartenere allo stesso ILF.

Applicando il criterio precedente, risulta che le tabelle Articolo, Libro, CD e Gadget dovranno essere associate RET dello stesso ILF.

 

Dal modello logico relazionale agli ILF.

 

Ora applichiamo tutti i criteri che abbiamo elencato al modello logico relazionale complessivo dell’esempio precedente.







Partendo dal modello relazionale, possiamo individuare i RET del modello FPA, ed aggregare i RET in ILF:

  • ad ogni tabella del modello deve corrispondere un RET del modello FPA; avremo quindi i RET: Cliente, Ordine, LineaOrdine, RataPagamento, Articolo, Libro, CD e Gadget;
  • la tabella RataPagamento rappresenta un’entità di tipo “debole non associativo”, che dipende da Ordine; quindi, RataPagamento e Ordine dovranno essere associate a RET dello stesso ILF;
  • le tabelle Libro, CD e Gadget rappresentano sottotipi di Articolo; i RET corrispondenti a tutte queste tabelle dovranno quindi appartenere allo stesso ILF.

A questo punto possiamo aggregare in ILF i RET individuati in precedenza. Tutte le tabelle che non soddisfano nessun criterio di aggregazione corrisponderanno a ILF composti da un solo RET: la tabella stessa. Indicheremo ogni ILF con il nome corrispondente al RET più “significativo” tra quelli che lo compongono:

  • ILF Cliente, composto dal solo RET Cliente;
  • ILF Ordine, composto dai RET Ordine e RataPagamento;
  • ILF LineaOrdine, composto dal solo RET LineaOrdine;
  • ILF Articolo, composto dai RET: Articolo, Libro, CD e Gadget.

Notazioni grafiche per i modelli Entity-Relationship



La tabella seguente descrive la notazione usata in questo documento per i modelli Entity-Relationship. Questo tipo di notazione E-R é chiamata “crow’s foot” (“zampa di gallina”), dal nome di uno dei simboli grafici che la contraddistinguono. Si tratta di una delle notazioni E-R più usate, dopo quella originale, dovuta a Peter Chen.







 
 
© Copyright by Nicola La Monaca, 2010
All rights reserved

Dal modello logico relazionale agli ILF: l’esempio del conto bancario.



Il diagramma seguente è un modello logico relazionale che rappresenta alcuni aspetti della gestione dei conti dei clienti di una banca.







Usiamo il diagramma precedente per richiamare i concetti principali dei modelli logici relazionali:
  • le tabelle del modello sono rappresentate da rettangoli; il diagramma contiene le seguenti tabelle: Cliente, IntestazioneConto (è prevista la possibilità di cointestare i conti), Conto, Movimento, TesseraBancomat, ContoDiRisparmio (per depositi di risparmio), ContoCorrente (prevede la possibilità di usare una tessera Bancomat e di disporre di un fido);
  • ogni tabella è caratterizzata da una o più colonne, elencate all’interno del riquadro associato alla tabella stessa; ad esempio, le colonne di Cliente sono: CodiceCliente, CodiceFiscale, Nome, Cognome, Indirizzo;
  • le colonne che individuano in modo univoco una riga di una tabella (campi chiave) sono elencate all’inizio del riquadro della tabella, e sono separate dalle altre colonne da una linea orizzontale; ad esempio: la chiave di Cliente è CodiceCliente; la chiave di IntestazioneConto è formata dalla coppia di colonne CodiceCliente e NumeroConto;
  • una freccia che collega due tabelle indica l’esistenza di una dipendenza tra le due tabelle (ovvero, tra alcuni campi delle due tabelle); ad esempio, la freccia che collega Movimento a Conto indica che Movimento dipende da Conto; ovvero, che Movimento ha, come chiave esterna, la colonna NumeroConto della tabella Conto.

Dal punto di vista della Function Point Analysis, ognuna delle entità di un modello logico relazionale rappresenta un gruppo logico di dati visibili all’utente finale dell’applicazione, cioè un RET (Record Element Type). Vale quindi il seguente criterio generale:

Ad ogni tabella di un modello logico relazionale deve corrispondere un RET del modello FPA.

Nel diagramma del nostro esempio possiamo quindi individuare i RET: Cliente, IntestazioneConto, Conto, Movimento, TesseraBancomat, ContoDiRisparmio, ContoCorrente.

Analizziamo ora i criteri di aggregazione dei vari RET in ILF/EIF.


 

Tabelle che rappresentano entità deboli non associative.

 

Consideriamo due tabelle del modello relazionale precedente: Conto e Movimento. La tabella
Movimento rappresenta un’entità “debole”, che dipende dall’entità Conto.







Questi sono gli elementi che, nel diagramma, caratterizzano Movimento come tabella associata a un’entità “debole”:

  • all’interno del rettangolo associato a Movimento, il nome della colonna chiave NumeroConto è seguito dalla sigla FK (Foreign Key), per indicare il fatto che si tratta di una chiave esterna;
  • la freccia che collega le due tabelle Movimento e Conto indica la dipendenza di Movimento da Conto.

Nel diagramma dell’esempio precedente, la chiave di Movimento dipende solo dalla chiave esterna NumeroConto della tabella Conto. In generale, una tabella può avere non una sola, ma due o più chiavi esterne (Foreign Keys), presenti in altrettante tabelle del diagramma; in questo caso, la tabella rappresenta un’entità “debole di tipo associativo”, perché associa due o più altre entità. Ad esempio, nel diagramma dell’esempio precedente, la tabella IntestazioneConto rappresenta un’entità “debole” di tipo “associativo”, che connette Cliente e Conto.

La chiave primaria delle tabelle é fondamentale per individuare quelle che rappresentano entità “deboli”. Ad esempio, la tabella TesseraBancomat dipende dalla tabella Intestazione Conto (ovvero dai due campi CodiceCliente e NumeroConto di IntestazioneConto), ma la chiave di TesseraBancomat (CodiceTessera) non dipende da IntestazioneConto; TesseraBancomat non è quindi associata a un’entità “debole”.

Dal punto di vista della Function Point Analysis, vale il seguente criterio:

Consideriamo una tabella le cui chiavi esterne (foreign keys) dipendano da una sola altra tabella del modello relazionale. Nel modello FPA, i RET corrispondenti alle due tabelle dovranno appartenere allo stesso ILF.

Applicando il criterio precedente, risulta che le tabelle Movimento e Conto dovranno corrispondere a RET dello stesso ILF.


 

Tabelle che rappresentano sottotipi di entità.

 

Consideriano ora altre tabelle del modello logico relazionale: Conto, ContoDiRisparmio e ContoCorrente. Vediamo che ContoDiRisparmio e ContoCorrente rappresentano, nel diagramma, dei sottotipi di Conto.







Le tabelle che rappresentano sottotipi di entità sono caratterizzate da da diversi elementi:

  • al di sotto della tabella “madre” Conto è presente il simbolo “Categoria” (contraddistinto dall’etichetta “TipoConto”) per indicare la connessione con le tabelle che rappresentano i due sottotipi ContoDiRisparmio e ContoCorrente;
  • all’interno dei rettangoli che rappresentano i due sottotipi di Conto, l’attributo NumeroConto è seguito dalla sigla FK (Foreign Key), per indicare che l’attributo è stato “ereditato” dalla tabella Conto.

In generale, le tabelle che rappresentano i sottotipi ereditano tutte le colonne della tabella “madre” (nel caso di Conto, le colonne sono: NumeroConto, TipoConto, TassoAttivo, Saldo), e possono avere altre colonne proprie. Ad esempio, ContoCorrente ha, come ulteriori colonne, TassoPassivo e Fido.

Dal punto di vista della Function Point Analysis, vale il seguente criterio:

Consideriamo una tabella del modello logico relazionale che possieda uno o più sottotipi. Nel modello FPA, i RET corrispondenti alla tabella “madre” ed alle tabelle che rappresentano i suoi sottotipi dovranno appartenere allo stesso ILF.

Applicando il criterio precedente, risulta che le tabelle Conto, ContoDiRisparmio e ContoCorrente dovranno essere associate RET dello stesso ILF.

 

Dal modello logico relazionale agli ILF.

 

Ora applichiamo tutti i criteri che abbiamo elencato al modello logico relazionale dell’esempio iniziale, che riportiamo qui per comodità.







Partendo dal modello relazionale, possiamo individuare i RET del modello FPA, ed aggregare i RET in ILF:

  • ad ogni tabella del modello deve corrispondere un RET del modello FPA; avremo quindi i RET: Cliente, IntestazioneConto, Conto, Movimento, TesseraBancomat, ContoDiRisparmio, ContoCorrente;
  • la tabella Movimento rappresenta un’entità di tipo “debole non associativo”, che dipende da Conto; quindi, Movimento e Conto dovranno essere associate a RET dello stesso ILF;
  • le tabelle ContoDiRisparmio e ContoCorrente rappresentano sottotipi di Conto; i RET corrispondenti a tutte queste tabelle dovranno quindi appartenere allo stesso ILF.

A questo punto possiamo aggregare in ILF i RET individuati in precedenza. Tutte le tabelle che non soddisfano nessun criterio di aggregazione corrisponderanno a ILF composti da un solo RET: la tabella stessa. Indicheremo ogni ILF con il nome corrispondente al RET più “significativo” tra quelli che lo compongono:

  • ILF Cliente, composto dal solo RET Cliente;
  • ILF IntestazioneConto, composto dal solo RET IntestazioneConto;
  • ILF Conto, composto dai RET Conto, Movimento, ContoDiRisparmio, ContoCorrente;
  • ILF TesseraBancomat, composto dal solo RET TesseraBancomat.
 
 
© Copyright by Nicola La Monaca, 2010
All rights reserved

Notazioni grafiche per i modelli logici relazionali



Le immagini seguenti descrivono la notazione usata in questo documento per i modelli logici relazionali.






© Copyright by Nicola La Monaca, 2010
All rights reserved

Dal modello logico relazionale agli ILF: l’esempio del conto in titoli.


Dal modello logico relazionale agli ILF: l’esempio del conto in titoli.

Il diagramma seguente rappresenta un esempio di “modello logico relazionale” per un conto di gestione titoli obbligazionari.





Dal diagramma precedente possiamo vedere che:
  • le tabelle del modello logico (rappresentate dai rettangoli) sono: ContoTitoli, Movimento, SaldoPerTitolo, Titolo, Cedola, TitoloTassoFisso, TitoloTassoVariabile, TitoloZeroCoupon;
  • la chiave della tabella Movimento (acquisto o vendita) dipende dalla chiave esterna NumeroConto; la tabella Movimento rappresenta quindi un’entità “debole”; per identificare un movimento, sono necessari anche altri attributi: una data e un progressivo;
  • la chiave della tabella SaldoPerTitolo dipende dalle due chiavi esterne NumeroConto e CodiceISIN; la tabella SaldoPerTitolo rappresenta quindi un’entità “debole” di tipo “associativo”;
  • la chiave della tabella Cedola dipende dalla chiave esterna CodiceISIN; la tabella Cedola rappresenta quindi un’entità “debole”;
  • le tabelle TitoloTassoFisso, TitoloTassoVariabile e TitoloZeroCoupon sono associate a sottotipi della tabella Titolo; esse “ereditano” tutte le colonne della tabella “madre”, e in più possono avere altre colonne proprie; nel diagramma, la tabella TitoloTassoVariabile ha, come propria colonna specifica, Spread.
Dal punto di vista della Function Point Analysis, ognuna delle tabelle di un modello logico relazionale rappresenta un gruppo logico di dati visibili all’utente finale dell’applicazione, cioè un RET (Record Element Type). Vale quindi il seguente criterio generale:
Ad ogni tabella del modello logico relazionale deve corrispondere un RET del modello FPA.
Nel diagramma precedente possiamo quindi individuare i RET: ContoTitoli, Movimento, SaldoPerTitolo, Titolo, Cedola, TitoloTassoFisso, TitoloTassoVariabile, TitoloZeroCoupon.
Analizziamo ora i criteri di aggregazione dei vari RET in ILF/EIF.

Tabelle che rappresentano entità “deboli” non “associative”.

Consideriamo due tabelle del modello relazionale precedente: Titolo e Cedola. Cedola rappresenta un’entità “debole”, che dipende dall’entità Titolo.





Questi sono gli elementi che, nel diagramma, caratterizzano Cedola come una tabella che rappresenta un’entità “debole”:
  • all’interno del rettangolo associato a Cedola, l’attributo chiave CodiceISIN è seguito dalla sigla FK (Foreign Key), per indicare il fatto che si tratta di una chiave esterna;
  • la freccia che collega le tabelle Titolo e Cedola rappresentata la dipendenza della chiave di Cedola dalla chiave di Titolo.
Nel diagramma precedente, la tabella Cedola dipende solo dalla tabella Titolo. In generale, una tabella può dipendere non da una sola, ma da due o più altre tabelle del diagramma; in questo caso, si dice essa rappresenta un’entità di tipo “associativo”, perché associa due o più entità. Ad esempio, nel diagramma dell’esempio precedente, SaldoPerTitolo rappresenta un’entità di tipo “associativo”, che dipende sia da ContoTitoli sia da Titolo.
Dal punto di vista della Function Point Analysis, vale il seguente criterio:
Consideriamo una tabella che rappresenti un’entità “debole” non “associativa”, cioè che dipenda da una ed una sola altra tabella del modello logico relazionale. Nel modello FPA, i RET corrispondenti alle due tabelle dovranno appartenere allo stesso ILF.
Applicando il criterio precedente, risulta che Titolo e Cedola dovranno essere RET dello stesso ILF.

Tabelle associate a sottotipi di entità.

Consideriano ora altre tabelle del modello logico relazionale: Titolo, TitoloTassoFisso, TitoloTassoVariabile, TitoloZeroCoupon. Nel modello, TitoloTassoFisso, TitoloTassoVariabile e TitoloZeroCoupon rappresentano dei sottotipi di Titolo.





Le tabelle che rappresentano sottotipi di entità sono caratterizzate, nel modello logico relazionale, da da diversi elementi:
  • al di sotto della tabella Titolo è presente il simbolo “Categoria” per indicare la connessione con i sottotipi TitoloTassoFisso, TitoloTassoVariabile e TitoloZeroCoupon;
  • all’interno dei rettangoli che rappresentano i tre sottotipi di Titolo, la colonna chiave CodiceISIN è seguita dalla sigla FK (Foreign Key), per indicare è stata “ereditata” dalla tabella Titolo.
In generale, le tabelle che rappresentano dei sottotipi ereditano tutte le colonne delle tabella “madre” (nel caso di Titolo, le colonne sono: CodiceISIN, Descrizione, Emittente, Scadenza, ValoreNominale, Tasso) e possono avere altre colonne proprie. Ad esempio, TitoloTassoVariabile ha, come ulteriore colonna propria, Spread.
Dal punto di vista della Function Point Analysis, vale il seguente criterio:
Consideriamo una tabella del modello relazionale che possieda uno o più sottotipi. Nel modello FPA, i RET corrispondenti alla tabella “madre” ed ai suoi sottotipi dovranno appartenere allo stesso ILF.
Applicando il criterio precedente, risulta che Titolo, TitoloTassoFisso, TitoloTassoVariabile, e TitoloZeroCoupon dovranno essere RET dello stesso ILF.

Dal modello logico relazionale agli ILF.

Ora applichiamo tutti i criteri che abbiamo elencato al modello logico relazionale complessivo dell’esempio precedente, che riportiamo qui per comodità.





Partendo dal modello relazionale, possiamo individuare i RET del modello FPA, ed aggregare i RET in ILF:
  • ad ogni tabella del modello deve corrispondere un RET del modello FPA; avremo quindi i RET: ContoTitoli, Movimento, SaldoPerTitolo, Titolo, Cedola, TitoloTassoFisso, TitoloTassoVariabile, TitoloZeroCoupon;
  • la tabella Movimento rappresenta un’entità di tipo “debole”, e dipende da ContoTitoli; quindi, Movimento e ContoTitoli dovranno essere RET dello stesso ILF;
  • la tabella Cedola rappresenta un’entità “debole”, e dipende da Titolo; quindi, Cedola e Titolo dovranno essere RET dello stesso ILF;
  • la tabella SaldoPerTitolo rappresenta un’entità di tipo “debole associativo”, che dipende sia da ContoTitoli sia da Titolo; SaldoPerTitolo non soddisfa il criterio d’aggregazione per le entità “deboli non associative”;
  • le tabelle TitoloTassoFisso, TitoloTassoVariabile, e TitoloZeroCoupon rappresentano sottotipi dell’entità Titolo; i RET corrispondenti a tutte queste tabelle dovranno quindi appartenere allo stesso ILF.
A questo punto possiamo aggregare in ILF i RET individuati in precedenza. Tutti i RET che non soddisfano nessun criterio di aggregazione corrisponderanno a ILF composti da un solo RET. Indicheremo ogni ILF con il nome corrispondente al RET più “significativo” tra quelli che lo compongono:
  • ILF ContoTitoli, composto dai RET ContoTitoli e Movimento;
  • ILF SaldoPerTitolo, composto dal solo RET SaldoPerTitolo;
  • ILF Titolo, composto dai RET: Cedola, TitoloTassoFisso, TitoloTassoVariabile, e TitoloZeroCoupon.
© Copyright by Nicola La Monaca, 2010
All rights reserved

Non solo piacere: Le teorie di Reich sull'orgasmo

Wilhelm Reich (Dobrzcynica, 24 marzo 1897 – Lewisburg, 3 novembre 1957) è stato un medico e psichiatra austriaco, allievo di Sigmund Freud e noto per la sua controversa teoria sull'energia orgonica.

Reich cercò una spiegazione alle esigenze sessuali degli individui, e la trovò nella riproposizione della dualità corpo/energia. Secondo Reich, l'orgasmo sessuale era la scarica di energia in eccesso. La pratica dell'amplesso porta l'organismo alla massima carica possibile fino al raggiungimento dell'acme sessuale, infine con l'orgasmo avviene la scarica, seguita dalla distensione.

 


 

Reich riteneva che la scarica di energia sessuale fosse necessaria per preservare intatte le funzioni biologiche dell'organismo.

Reich attribuiva le nevrosi all'insoddisfazione dovuta al fatto che l'energia in eccesso non veniva scaricata completamente con l'orgasmo. I traumi psicologici affliggerebbero sia il corpo fisico, sia la funzione dell'orgasmo. Reich considerava le nevrosi il risultato di traumi vissuti dall'individuo quando le imposizioni culturali ed educative reprimevano la necessità di una scarica totale dell'energia in eccesso attraverso l'orgasmo.



Quando una sua opera pubblicata nel 1933 (Psicologia di massa del fascismo) fu messa al bando dai nazisti, Reich decise di fuggire dall'Austria, e si trasferì nel 1939 negli Stati Uniti d'America, dove continuò le sue ricerche. Nel 1947, la Food and Drug Administration (FDA) iniziò a investigare sulle teorie di Reich, e ne impedì la promozione come trattamento medico.

Processato per aver violato il divieto della FDA,  Reich fu condannato a 2 anni di reclusione per oltraggio alla corte. Nell'agosto del 1956, a New York, sotto la supervisione della FDA, furono bruciate tonnellate di copie dei suoi scritti.

Reich morì in prigione per un attacco cardiaco un anno dopo, nel 1957, pochi giorni prima del suo rilascio sulla parola.

Nell'ultima parte della sua vita, Reich cominciò a compiere esperimenti scientifici sempre più visionari. Costruì un dispositivo, il Cloudbuster (letteralmente: acchiappanuvole)  che sarebbe stato in grado di produrre o dissolvere le nuvole. Queste affascinanti teorie furono fortemente osteggiate dalla comunità scientifica.

Reich è considerato uno dei padri della rivoluzione sessuale del '68, ed una delle figure più importanti della psicologia contemporanea.

Nel 1985, Kate Bush dedicò alle visionarie teorie di Reich il pezzo musicale "Cloudbusting". Nel video, Reich è interpretato da Donald Sutherland.

 

Fonte: Wikipedia

Il Nirvana secondo Gabriele Salvatores

Nirvana, di Gabriele Salvatores, è un film non perfetto, ma estremamente profondo.

Siamo tutti personaggi di un videogioco?

In questa scena, uno dei protagonisti di Nirvana ("Solo", interpretato da Diego Abbatantuono) cerca di spiegare il vero senso della realtà a una sua amica, Maria.

Ma lei non gli crede ...


Reality and Fantasy (Raphael Gualazzi)

Quando non c'erano gli "ebook": i "romanzi rosa".


Il romanzo “rosa” è un genere letterario che narra vicende amorose e passionali, in genere a lieto fine, dedicate ad un pubblico femminile. Le storie, spesso scritte da donne, sono articolate su trame intricate che parlano di innamoramenti giovanili, amori impossibili, separazioni e ricongiunzioni, colpi di scena vari. Il lieto fine è rappresentato dal “matrimonio felice”, nello stile delle fiabe, che si concludono con “e vissero felici e contenti”.

Il romanzo rosa classico ebbe grande successo soprattutto nei primi decenni del Novecento. In Francia l’autrice più conosciuta è Delly (pseudonimo dei fratelli Jeanne-Marie 1875-1947 e Frédéric Petitjean de la Rosière 1876-1949, pubblicato in Italia nella collana “le signorine della Salani”). Tra le autrici italiane, la regina incontrastata del rosa è indubbiamente Liala (pseudonimo di Amalia Liana Cambiasi Negretti Odescalchi 1897-1995, il cui nome d’arte fu coniato per lei da Gabriele D’Annunzio). In Inghilterra, oltre a Jane Austen, che fu in un certo senso l’ispiratrice del genere, ci sono i romanzi rosa di Georgette Heyer (1902-1974), e quelli di genere rosa-storico di Barbara Cartland (autrice di ben 700 titoli, ma del resto ebbe anche una lunghissima vita: 1901-2000)

Oggi il genere rosa in Italia è quasi del tutto monopolizzato dalla collana Harmony (80 per cento), della Harlequin Mondadori. Questa casa editrice vende circa 6 milioni di copie l’anno e ci sono titoli che in due settimane vendono oltre 13 mila copie. Certo, sono meteore, non resteranno nella storia della letteratura, ma del resto la narrativa rosa ha una dinamica più simile a quella delle riviste patinate che a quella dei libri tradizionali. La Harmony pubblica 600 titoli l’anno, suddivisi in circa venti collane ed escono nelle edicole quasi tutti i giorni. Ogni titolo ha una vita media di due, tre settimane.

Poche sono le case editrici concorrenti (Mondadori, Bluemoon e, in misura molto minore, Sperling & Kupfer, Piemme e pochissime altre). Le lettrici sono molto affezionate e ciascuna acquista in media 15 titoli l’anno. Il successo di queste collane sta nel basso costo dei libri, oltre che in una capillare distribuzione del prodotto:  librerie, cartolerie, edicole, centri commerciali,  tabaccai. Poi c’è naturalmente la capacità di creare storie che piacciano alle lettrici…Per ogni sfumatura di una storia d’amore esiste una collana specifica: c’è quella «romantica», dove le descrizioni e gli aggettivi arrivano solo fino a un certo punto (Blue Moon, Destiny), quella raffinata (Premium, Grandi Saghe) e quella più smaliziata, che non manca di descrizioni osé (Passion, Temtaption).

Quanto all’ambientazione delle storie, c’è una grandissima richiesta di romanzi rosa-storici, così come quelli di setting metropolitano: il classico amore tra capo e segretaria, oppure l’inattesa storia d’amore con un miliardario. Piacciono ultimamente anche delle storie di una donna con un toy-boy: storie che nascono con un rapporto di sesso occasionale, ma che, possiamo esserne certi, preludono ad una intensa storia d’amore fra i protagonisti.

L’occhio sulle nuove tecnologie è sempre vigile: lo dimostrano i vari siti web degli editori di rosa ed anche la nuova frontiera degli e-book, il cui maggiore editore è al momento proprio Harlequin Enterprises, soprattutto grazie alle filiali giapponesi e statunitensi. Secondo gli editori, l’e-reader piace perché permette di non mostrare a nessuno il libro che si sta leggendo: oggi le lettrici di rosa del resto fanno scelte impensabili fino a poco tempo fa, anche per i contenuti, e quindi un po’ di privacy è sempre gradita.

Ultime arrivate tra i generi rosa sono la collana Blue Nocturne, che raccoglie trame basate su amori «paranormali e immortali», per sfruttare il fenomeno di Twilight (Firma di punta di questo sottogenere è Gena Showalther) e il Chick-lit (letteralmente letteratura delle pollastrelle) genere disinvolto e post-femminista, nato negli anni novanta dalla penna di Helen Fielding con Il diario di Bridget Jones e di Candace Bushnell con Sex and the City (per il genere la Harmony ha creato la collana Red Dress Ink).

Nel Chick-lit la protagonista è una donna tra i venti e i quarant’anni, non necessariamente bella, spesso in difficoltà coi sentimenti, incapace di riconoscere l’uomo dei sogni e di tenerselo stretto, perfettamente integrata in una società frenetica ed edonistica che rende complicati i rapporti umani attraverso manie e frustrazioni, raccontate con smaliziata e irriverente ironia. Recentemente quest’ultimo genere di libri rosa è stato analizzato in una ricerca, la quale ha rilevato che, in media, in ogni pagina di romanzo viene citato più di un marchio commerciale  (complessive 1.553 citazioni di marchi nelle 1431 pagine dei libri presi in esame). I personaggi vengono descritti attraverso gli status symbols di cui si adornano: Massie, ad esempio, il principale personaggio della collana americana “Clique” non indossa minigonne o sandali, ma Moschino minis, Jimmy Choo sandals, profumo Chanel N. 19 ; non va in macchina, ma in Range Rover, non beve acqua, ma beve Glaceau Vitamin Water e, naturalmente, non ha neanche una borsa, ma un Louis Vuitton backpack; Anna, protagonista di un romanzo della serie di ”A-List” guida una Lexus (menzionata sette volte nel primo capitolo di “American Beauty”,  indossa un abito firmato Molinari e sandali Sigerson Morrison.

La Alloy Media and Marketing ammette di usare fare pubblicità “occulta” su questi romanzi rosa, perché il  riferimento ad uno specifico marchio nei libri più venduti, permette di raggiungere centinaia di migliaia di lettrici, che poi desiderano comprare il prodotto.

E, visto che le lettrici non protestano, potremmo forse concludere che la storia d’amore è diventata un ottimo background per ciò che più interessa e fa sognare le giovani e smaliziate post-femministe, che emulano Bridget Jones ed i personaggi di Sex and the City: le marche,  i consumi.

Giuliana Proietti

Fonte: Il Sesso e l'Amore

2010, elezioni in Catalogna. Arriva il voto orgasmico ... ...


 

 

Ecco l'ultimo spot dei socialisti spagnoli per le elezioni in Catalogna ... un'ennesima conferma del legame tra sessualità, politica e potere ... ogni riferimento alla situazione italiana è puramente casuale ... ;-)

.

Perversioni Femminili: un film di Susan Streitfeld


Un film di Susan Streitfeld. (USA/ Germania, 1996)
Con Tilda Swinton, Amy Madigan, Karen Sillas.






Una donna, per esplorare ed esprimere appieno la propria sessualità e le proprie capacità emotive e intellettuali, dovrebbe correre grossi rischi e attuare una profonda rivoluzione delle condizioni sociali che la reprimono e la costringono.
L’alternativa è persistere nel tentativo di adattarsi all’ordine del mondo, consegnandosi per sempre alla schiavitù di uno stereotipo di femminilità riconosciuto, ossia, se vogliamo, a una perversione.

Louise J. Kaplan


Tratto dal libro di Louise J. Kaplan "Perversioni femminili. Le tentazioni di Emma Bovary", il film porta avanti la tesi che è del libro stesso: la perversione, negli uomini e nelle donne, è un meccanismo fondamentale che permette di sopravvivere all’orrore di quella perdita originaria che la nostra cultura infligge ad ogni essere sessuato nel momento in cui lo piega alla schiavitù dei ruoli sessuali e di genere.


Dopo Orlando di Sally Potter, non a caso interpretato dalla stessa attrice, Tilda Swinton, ecco un altro film che ci parla del “genere”, cioè dei ruoli e degli stereotipi che ci troviamo ad impersonare, come uomini e come donne.


Film complesso, dalle molteplici letture, intreccia con maestria due piani, quello della realtà e quello delle fantasie “perverse” della protagonista – Eve, un’avvocata di successo - con continuità, così da tratteggiare il mondo profondo, inconscio, pieno di zone d’ombra e di traumi infantili di una donna. Una donna che dietro un’apparente facciata di efficienza e perfezione, nasconde luoghi oscuri della memorie e desideri masochistici, strategie di sopravvivenza, come le definisce la teorica femminista Kaplan, sopravvivenza agli stereotipi e ai modelli estetici che la società le impone e alle ferite che per questo, giornalmente, le vengono inferte.


Nelle sue fantasie erotiche, Eve, in un chiaroscuro suggestivo, cammina su un filo teso, in precario equilibrio, in alto sopra una piscina dall’inquietante forma di croce, sottomessa a dei fantomatici personaggi che hanno il volto di un re e di una regina bianchi. La corda, che più volte ricompare, è il simbolo delle sue catene, di ciò che limita la sua libertà di essere umano, prigioniero di comportamenti, e, parallelamente, la corda è il suo destino di acrobata in bilico sulle paure che si porta dietro dall’infanzia.


“Le perversioni non sono mai ciò che sembrano essere”, ci informa una scritta ricamata sul cuscino di Eve, e più sotto troviamo scritto su una panchina: “Nella perversione non c’è libertà, ma solo un conformarsi rigido agli stereotipi di genere”. E le donne si ritoccano il rossetto, si aggiustano i capelli, si rendono ineccepibili ed eleganti, entrano in competizione tra di loro, stanno sempre sulle spine per non correre il rischio di incrinare il modello che la società richiede loro in quanto donne.


La vita di Eve, così irreprensibile, corretta e patinata, è continuamente interrotta e “forata” da fantasie di ansia e di insicurezza: sente delle voci e immagina dei personaggi che denigrano la sua identità di donna, una sorta di nevrosi sotterranea. Pubblico e privato si mischiano, in un mondo “maschile” che spesso più che ascoltarla, guarda le sue forme. E lei vive sulla sua pelle l’insicurezza di non essere all’altezza dei requisiti di “femminilità” richiestele, di essere bella, cioè, e desiderabile.


Così anche la sua vita affettiva e relazionale è carente: incapace di amare, cioè di un reale incontro con l’”altro”, che ha sacrificato alla “carriera”, può viversi solo le sue fantasiose perversioni sessuali. Sarà il recuperò della sorella – l’altra faccia della stessa medaglia, una diversa strategia di sopravvivenza agli stereotipi dominanti -, che infine scioglierà i nodi irrisolti. Madelyn, cleptomane arrestata per furto, che sta scrivendo una tesi su un paese messicano in cui le donne hanno in mano il potere, cerca così una sua personale soluzione al suo “male di vivere”.


Con la comparsa della sorella Madelyn, l’equilibrio di Eve precipita a poco a poco e la sua perfetta immagine si incrina fino a rompersi. Finalmente la corda che la teneva in sospeso sopra l’abisso delle sue paure si romperà, permettendole di superare il trauma infantile che la legava, morbosamente, al padre. Sarà grazie alla crisi che Eve capirà qualcosa, che cadrà il velo delle sue illusioni, ed entrerà sempre più in contatto con il mondo matriarcale studiato dalla sorella, un mondo dove le donne per essere accettate non hanno bisogno di depilarsi, di tenere sotto controllo il proprio peso e di dedicare all’estetica la maggior parte del proprio tempo: di essere cioè un bell’oggetto del desiderio.


Il film è infarcito di richiami e di rimandi interni, tanto da tessere una trama abbastanza ampia delle perversioni delle donne – ci sono molti personaggi femminili nel film, - senza giudicarle negativamente, ma ricercandone le cause profonde. Ci offre così un ampio ventaglio di nevrosi tipicamente femminili, notevoli “ritratti di signore” dolenti e feroci al tempo stesso.


Il film si chiude quando Eve incontra Edwina, una ragazzina alle soglie dell’adolescenza, che con uno sguardo ancora puro e senza veli guarda alla sessualità con dolore e ricerca un modo di essere donna diverso, in contatto con le forze arcaiche e magiche della natura, un luogo magico dove compiere riti legati al ciclo mestruale, simbolo della potenza femminile.


Il messaggio del film è in fondo un po’ questo: di riscoprire una femminilità fuori dagli schemi, fuori dai modelli estetici imperanti, vicina ad un mondo primitivo di matriarcato e di potenza, un mondo tribale e rituale dove il valore di un individuo non si misura dalla curva dei suoi fianchi.


Stupenda la Swinton nell’interpretare le molteplici facce di questa donna schizofrenica, piena di manie e di superstizioni, che chiede a sé stessa la perfezione e non si perdona il minimo errore.


Il taglio narrativo del film, secco e tagliente e la fotografia lucida e patinata, le somigliano un po’: come lei, sotto una superficie socialmente irreprensibile, nascondono “cadaveri” ed inquietanti segreti.



Testo tratto da: cineforum.bz.it


 


Maggie Gyllenhaal




Maggie Gyllenhaal (New York, 16 novembre 1977) è un'attrice statunitense, candidata nel 2010 al Premio Oscar come miglior attrice non protagonista per l'interpretazione in Crazy Heart.


La pellicola che l'ha fatta conoscere al pubblico è stata Secretary, che le ha procurato una nomination al Golden Globe.


Regina del cinema indipendente americano, ha interpretato molti ruoli difficili. Da segnalare le sue prove in Secretary (2002) di Steven Shainberg, SherryBaby di Laurye Collier (2006) e Vero come la finzione di Marc Forster (2006).


La sua bravura non l'ha però tenuta lontano dal cinema di largo consumo: infatti Oliver Stone nel 2006 l'ha scelta per interpretare Allison Jimeno in World Trade Center. E Christopher Nolan nel 2008 l'ha scritturata per il ruolo finora più conosciuto della sua carriera, quello di Rachel Dawes in Il Cavaliere Oscuro, sesto film sulle avventure di Batman.


Maggie Gyllenhaall ha fatto anche la modella per Miu Miu, un marchio della casa di moda Prada, e per Reebok, ed è stata la testimonial della casa di lingerie Agent Provocateur.



Fonte: Wikipedia

 

Prostituta sì, ma solo al chiuso





Meglio se nei palazzi di potere. Questa sembra la filosofia che sta alla base del passaggio sulle prostitute del nuovo pacchetto sicurezza. Eppure fanno tutte lo stesso mestiere. Eppure è straniera la puttana in strada come lo è quella che frequenta le ville del premier.


Per quella in strada c’è il foglio di via. Per quelle che invece vanno in giro come escort c’è una promozione sul campo.

Quindi dove sta il problema? Perchè se davvero il governo volesse combattere la tratta delle donne straniere si interesserebbe al circuito di fanciulle dell’est che abbiamo visto ieri sera ad annozero.

Si tratta di una preselezione tra sexworkers buone e cattive? Quelle che vanno a palazzo staranno bene e quelle che stanno in strada, quindi stanno peggio, le puniamo?

Ma lo sa Maroni che costringere una prostituta a nascondersi in luoghi privi di illuminazione e presenza di altre persone significa condannarle a morte?

Lo sa che significa ricacciarle nel territorio dei protettori dove tutto può succedere? Lo sa che quelle donne saranno carne da macello per clienti e sfruttatori?

Perchè è escluso che la prostituzione cessi e dunque renderla sempre più clandestina significa soltanto creare ulteriori condizioni di pericolo per le donne.

Come dire: facciano quello che vogliono, si facciano ammazzare, purchè non sia visibile nelle città la deprimente visione di quella lunga fila di clienti, italiani, che va a fare i puttan-tour.

Si condannano alla clandestinità le prostitute per proteggere i clienti?

Perchè non rispondere invece alle richieste di regolarizzazione che il sindacato delle sex workers da sempre fa? Perchè le donne non debbano pagare in termini di sicurezza un vezzo che è tutto maschile. Perchè possano esigere eguali diritti e servizi assolvendo ad eguali doveri. Perchè possano sentirsi cittadine di serie A come tutte le altre lavoratrici precarie di questo mondo.

Solo in un tempo storico preciso avveniva quello che avviene ora. Quando le puttane di strada venivano trattate come corpi senza pelle e senza vita mentre le concubine vivevano a palazzo. C’erano le monarchie, poi c’erano gli harem, quelli in cui la regina occupava lo scranno accanto al re mentre le “favorite” stavano a farsi bagni e a farsi belle per la notte.

A Palermo – così almeno si vocifera – la concubina, di origini orientali, ha avuto perfino una casa e un intero parco, oltre che una stanza a palazzo dei normanni, dedicati.

Puttane solo per i ricchi. I poveri potevano solo infrattarsi in buie caverne dove stupravano donne senza rispettare nessuna norma igienica.

Tanti secoli sono passati e siamo ancora punto e accapo.

E quello che è più grave è che la cosa non ci sorprende per niente.

Fonte: Femminismo a Sud


Ultimo tango a Parigi - Discorso sulla famiglia



Ultimo tango a Parigi - Discorso sulla famiglia

(Solo Immagini): Mia Farrow



Mia Farrow (photo by Diane Arbus)

Bocca di Rosa e la "petit mort"



Sesso nell'auto con la prostituta, anziano muore d'infarto

All'Eur in via della Musica. Il 78enne colpito da un arresto cardiaco durante un rapporto sessuale con una 26enne che ha tentato di rianimarlo.

È morto d'infarto stamattina mentre aveva un rapporto con una prostituta in auto. L'uomo, di 78 anni, verso le 10 era con una ragazza di 26 anni in via della Musica, nel quartier Eur, quando al culmine di un rapporto è stato colpito da infarto. La ragazza ha tentato di fargli un massaggio cardiaco e nel frattempo ha chiamato il 118. Quando sono arrivati i soccorsi e i carabinieri l'uomo era già morto.

I francesi chiamano l'orgasmo "la petite mort", "la piccola morte". Povera "Bocca di Rosa", che ha tentato anche di rianimarlo ... in realtà gli ha donato una morte bellissima ...


(nella foto, la bellissima Victoria Larchenko,
protagonista del film "La bella gente" di Ivano De Matteo)

25 Novembre 2011 Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne





25 Novembre 2011

Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne




Masochiste?
 Sì, ma solo per gioco, per piacere e per libera scelta.


"I nuovi addicted? Sono ragazzi che trovano un futuro solo in rete"


Tratto da: "Repubblica"



L’ospedale Marmottan di Parigi è conosciuto in tutta la Francia per la cura delle tossicodipendenze. Ora gli specialisti si trovano sempre più spesso a fare i conti con nuove "addiction". Nel giro di pochi anni sono aumentate del cento per cento. Parla il professor Marc Valleur.



"Si tratta di malattie relativamente giovani, che fino a qualche tempo fa non entravano nelle nostre statistiche. Ma ora i casi sono in crescita — spiega Marc Valleur, il medico che guida l’ospedale Marmottan —. Nell’ultimo anno abbiamo curato cento porno dipendenti, cento vittime dei giochi di ruolo online e trecento pazienti per gioco d’azzardo patologico. In questi casi le persone sono preda di un bisogno compulsivo che le rende schiave".

Perché i giovani sono tanto attratti dal mondo virtuale?
«Si sentono dire che per loro non c’è futuro, nei prossimi anni non avranno né soldi, né lavoro. Per questo il mondo virtuale è un rifugio, dove trovano quello che non intravedono altrove: il rispetto. Su internet riescono a costruirsi un futuro".


È aumentata anche la dipendenza da sesso. Perché?
"Prima la sessualità aveva un aspetto sacrale, oggi la pornografia è un prodotto come un altro. Basta pensare a persone dipendenti dal sesso come l’attore Michael Douglas. È diventato schiavo del sesso perché aveva un accesso troppo facile a questo tipo di rapporto. Molte donne volevano stare con lui".

Quando si può iniziare a parlare di "dipendenza" in senso stretto?
"Si diventa dipendenti quando si vorrebbe smettere di comportarsi in un determinato modo, ma non si riesce a farlo. I familiari e gli amici devono aiutarli a capire cosa non va nella direzione giusta. Poi bisogna convincere il paziente a parlare: non si deve vergognare di raccontare quello che gli sta succedendo".

Quali sono le cure?
"Sostanzialmente la psicoterapia. È importante il rapporto di “alleanza” che si crea con il terapeuta. A volte sono utili anche i gruppi e le riunioni per i familiari. Nel caso dei giovani servono incontri con i genitori. Nel caso del gioco d’azzardo è importante anche tutelare l’individuo dal fallimento. Solo in rari casi serve invece un ricovero lungo in ospedale. Va detto che, una volta che si scopre la nuova dipendenza, in genere la guarigione non è lontana. A differenza dei casi di addiction da alcol e da droga, qui i fallimenti sono pochi".



Fonte: Repubblica